domenica 21 febbraio 2010

La musica del pallone

  • dedicata a quei giovani che non smettono di pensare che si possa vivere di sè stessi, dedicata a chi non smette mai di pensare che un pò giovani lo si può essere sempre... parole nate per una festa dello sport pensando che anche lo sport fa festa quando vede che qualcuno ne scopre i valori veri, quelli della socializzazione e della scoperta del benessere fisico e morale che può dare.

Suona la sua musica il pallone quando sfiora l’erba di un campo di calcio, una musica nata in un cortile, su una piazza o semplicemente sulla terra battuta di un campetto di periferia. Suona una musica, e per il pallone i calci son carezze e l’abbraccio dei giocatori il suo premio. Oggi sono qui, in questo bar dove butto carte svogliate di un solitario su un tavolo per ingannare l’infelicità che ho accanto a me, la musica di uno stereo un po’ sgangherato e le risate inarrivabili di alcune ragazze mi fan sentir più solo…. le urla, piene di parole inutili, mi tagliano come un coltello i pensieri ed uno strano bicchiere, pieno di strana roba che a berla ti si stringe la gola, mi fa compagnia e mi sorride beffardo. Il sole illumina alcuni poster sulle pareti, invitano in paradisi di acque verdi e di cieli azzurri di palme e di serenità a buon prezzo, mentre fuori qualcuno ti regala l’inferno di un paradiso artificiale, basta una pastiglia, coraggio, una sola per volare via, per volare senza muoversi, per ridere senza essere allegri. Ed io, con i pensieri più pesanti della mia testa che cadeva su un lato, sorretta da un pollice sotto il mento, mi chiedevo se non sarei diventato anch’io come quello stereo, che suonava suonava, ma non sceglieva mai la sua canzone. Ma un piccolo campetto di poca erba, di tanti sassi e di tanta terra è il mio richiamo. I miei amici sono la, tante magliette quasi uguali per la squadra perchè uguali non si trovavano, un pallone da gonfiare e i calzettoni arrotolati, un po’ di saliva sui ginocchi a cancellare una caduta e corse sfrenate dietro la gioia. I miei amici sono là, con occhi gioiosi a seguire traiettorie ardite del pallone, con muscoli protesi ad inseguire la loro primavera, ancora uno slancio, ancora uno sforzo, e forse sarà un gol… Ed io con i pensieri più pesanti della mia testa che cadeva su un lato, sorretta da un pollice sotto il mento, mi chiedevo se non sarei diventato anch’io come quello stereo che suonava suonava, ma non sceglieva mai la sua canzone. Un brivido, il sole si è offuscato e i paradisi alle pareti non brillano più. Ho lasciato il bicchiere, ho pagato il mio conto per chiuderlo per sempre, passai fra pastiglie, rumore e risate di solitudine entrai in quel campo e qualcuno appena là mi disse: “tu tira nella porta di là” e ho tirato calci alla solitudine, ho tirato calci all’inedia ho tirato calci alle facili e alle false felicità… Ricordo il primo abbraccio dei miei compagni, non ricordo se era per un gol fatto dalla mia squadra oppure per consolarci di un gol subito, ricordo un abbraccio stretto e sudato ricordo sguardi di intesa con i miei nuovi amici, parole d’incoraggiamento o forse di incitamento o forse un semplice complimento, ricordo dopo quell’abbraccio di aver sentito dentro una musica… Suona la sua musica il pallone quando sfiora l’erba di un campo di calcio, una musica nata in un cortile, su una piazza o semplicemente sulla terra battuta di un campetto di periferia. Suona una musica, e per il pallone i calci son carezze e l’abbraccio dei giocatori il suo premio.

sabato 6 febbraio 2010

Le parole

Pensavo alle cataste di libri che riempiono il palco del Davide nei suoi ultimi concerti, canzoni e libri sono contenitori di parole che certamente vanno pensate in modo diverso, ma se vogliono essere portatrici di storie e di emozioni, hanno di certo un posto dove riposano prima di venir usate. Perché quelle parole a seconda di quando servono sono dense, pesanti, taglienti, liberatorie. Le parole… parlano, a chi le ascolta e a chi le dice. Per chi le ascolta è come aprire un libro della vita di chi hai davanti, puoi sentirle vere o false, profonde o banali ma comunque ti aiutano a capire con chi hai a che fare… per te che le dici sono riflesso della tua paura o del tuo coraggio di svelarti, di dire chi sei agli altri, ma a te stesso parli con le parole che suonano dentro di te… e senti se ciò che hai dentro è uguale a ciò che esce fuori. Io credo che è già tanto se le parole che hai dentro si avvicinano a quelle che escono fuori. E le parole disegnano scenari, costruiscono palazzi di idee e altri palazzi ne abbattono, costruiscono storie e raccontano cio che è la tua storia, quella storia che vivi tutti i giorni e che quasi mai puoi davvero scrivere tu il giorno prima di viverla, quella storia da cui le persone entrano ed escono senza capire quale capitolo stanno scrivendo e quale sarà il finale che dovrai subire, sperando che sia accettabile. Ma per fortuna qualche volta le parole inventano sogni, speranze, poesie. E quando esce poesia, sai che non stai cercando una verità, ma che ne stai creando una nuova, tutta tua. E’ quel colore, quella musica che ti nasce dentro quando avvolgi un pensiero o un ricordo nell’umido dei tuoi occhi, quando il cuore cambia il ritmo per sfuggire al ritmo assordante della vita. E ancora una volta apri la finestra e lasci che il vento ti invada il viso… e lasci che quel punto lontano, laggiù, si lasci guardare.