mercoledì 22 dicembre 2010

venerdì 26 novembre 2010

La felicità di un attimo...

nel cammino di un cielo...

venerdì 1 ottobre 2010

Laghi di montagna

Nei miei viaggi più o meno lunghi, nel mio peregrinare per sentieri più o meno impervi, spesso mi è capitato di imbattermi in laghi di montagna. Qualche volta basta un viaggio in auto o in treno, allora ti imbatti nei grandi laghi prealpini con le loro mille attrattive panoramiche e paesaggistiche, con i loro paesi che spesso si estendono lungo le rive o comunque che danno la possibilità di fermarsi un momento a contarne le onde. Questi laghi sono vere oasi di serenità e tante volte mi sono incantato davanti alle loro visioni notturne con quelle mille fiammelle segnale di vita vibrante vicino a noi, ma di là, oltre acque che fanno confine al desiderio, all'immaginazione. Ci si può innamorare di un lago? Credo di si, a me è successo, la cosa bella è che il lago pur essendo di tutti finora non mi ha mai tradito, e per innamorarsene basta poco, basta un tramonto a Varenna. A volte ti alzi per una bella mulattiera e scopri laghi fasciati e protetti dagli abeti che offrono gemme crespate ai boschi, poi ti alzi un pò di più per scoprire laghi che hanno preso spazio con discrezione alla roccia per trattenere acque di scioglimento dei ghiacciai, prima che si affidino ai torrenti ed offrire occhi azzurri o verdi alla montagna. Ma quello che mi colpisce è che in tutti questi laghi sono spesso nate delle leggende e praticamente sempre, queste leggende hanno un finale tragico, ingentilito dalla bellezza che nonostante tutto lasciano come ricordo. Ne conosco alcune, ve le dirò per sommi capi e così come le ho raccolte o sentite io, ma di leggende ce ne sono molte, anche per lo stesso lago, quello che non cambia mai è il finale tragico che si stempera nella dolcezza di immagini di bellezza che hanno lasciato dietro di sè. Allora penso al mostro del lago di Como, "l’era faa cumè un’anguila, l’era gross cume un batèll, e’l majava tücc i stell, una bissa incatramata, cun la buca sbaratada,e cui öcc dell’oltrummuund..."quello descritto da Davide Van de Sfross in una canzone, allora quando passo davanti ad un pontile immagino l'uomo seduto sulla sua sedia a rotelle con la "frosna" in mano che attende che compaia, gli parla confidenzialmente dicendogli di farsi vedere che glielo deve, perchè senza la mente di un uomo "in volo" lui non sarebbe mai esistito. Non sò se il mostro è apparso, quello che dico è che sembra strano che esista guardando le tante creature gentili che popolano quel lago. Penso alla leggenda di Misurina, dove il grosso e sgraziato Sorapis si era invaghito di una ragazza e non osando confidarlo la spiava tutti i giorni mentre passava, un giorno la ragazza cadde in un dirupo e lui si precipitò per cercare di salvarla, ma arrivò tardi e pianse, pianse tanto che si formò il lago splendido che tutti conosciamo. Fra gli abeti il lago della ninfa che si dice popolato appunto da una ninfa tanto bella quanto malvagia che faceva innamorare chi passava e li attirava nelle sue acque facendoli annegare, finchè un giorno lei stessa si innamorò di un passante che non sfuggì al suo sortilegio e anche lui si perse nelle sue acque, da allora si dice che il pianto della ninfa si accompagna al vento della notte. Si narra del "Rasciga", uomo solitario e selvatico che viveva fra il Pizzo dei tre Signori e le pendici delle Orobie, uomo che voleva stare solo e si sentiva infastidito dal volo di un grosso uccello nero, un giorno gli sparò e l'uccello esplose in fuoco e fumo, si accorse che era il diavolo. Il diavolo cadde con gran fragore negli inferi e l'uomo fu trasformato in un masso che restò sui bordi di un laghetto di montagna, il lago di sasso, condannato a non poter mai andar via da dove ha sempre vissuto. Potrei parlare della leggenda dei laghi gemelli, con i due amanti che si vedevano con il sotterfugio che vedeva lei fingersi malata per farsi visitare dall'amante finto medico e non voluto dalla famiglia, la loro fuga si interruppe quando stavano per essere raggiunti, ma perchè non si perdessero mai, il fato li trasformò in due laghi uguali, i laghi gemelli appunto. Storie raccontate per grandi linee, ma tutte con lo stesso finale tragico e addolcito dalle scelte del fato. Sembra impossibile che questi laghi così belli custodiscano fra loro tante storie tragiche, ma rassicura vedere che dal dolore immaginario possa nascere tanta bellezza, c'è da sperare che qualche volta anche dal dolore vero ne nasca altrettanto, significherebbe che forse una volta tanto l'uomo possa aver imparato a vivere di ciò che è bello, della poesia che abbiamo dentro, dei sogni che non ci debbono mai venire meno.

domenica 8 agosto 2010

Dal cielo alla terra.

C'è un buio che rende le notti magiche, è quel buio che attraversa gli occhi mentre va da te, alla luce là in fondo che attira il tuo sguardo, è quel buio riempito di note e di colori che danzano al ritmo di quei suoni che tolgono al buio il silenzio. Perchè di solito nel buio trova la sua casa il silenzio, ma qualche volta non è così, qualche volta un suono che sa essere armonioso o vivace fa danzare delle luci e il buio si accende, si infiamma, abbraccia quelle luci e diventa magia.... Una notte a Barcellona, una notte alla ricerca di un'altro momento da ricordare e laggiù sul fondo di Plaza de Espanìa, in fondo ad un viale dove gli alberi sono fontane e dalla collina del Montjuick nascono raggi di luce che si perdono in cielo, una fontana regala magie di acqua e di colori ad un cielo che non poteva che essere buio, perchè in quel momento solo il buio poteva essere sfondo a quella magia, solo il buio poteva essre un colore giusto per quel fondale di teatro naturale che avevamo davanti. Abbiamo attraversato la piazza cercando il posto migliore dove cogliere ogni aspetto di quella magia, prima era il centro della strada, poi il lato della fontana di musica acqua e colori, poi la scalinata che risale la collina, poi... la voglia di fermarsi e di vivere quel momento dove capita. Un momento è così, è come viene e quando dentro c'è un qualcosa che allarga il cuore non c'è un posto assoluto dove viverlo, si vive e basta, li dove ti prende. Ti sembra di volare, ti sembra di essere solo e forse sei solo davvero quando sguardo, pensiero e sogni inseguono una scia di bellezza.... ma viene il momento di andare, si va piano piano finchè la piazza è ancora sotto i tuoi piedi, forse non è una piazza, forse è il tappeto magico di una favola... ma poi la terra diventa più consistente, poi senti che ormai hai il mondo sotto i piedi e ti inghiotte il metrò... il biglietto dove sarà, nel portafogli ecco, mettilo via che arriva il treno e bisogna salire di corsa...che strane quelle persone, che strani gesti di intesa, qualcuno sale e qualcuno scende, hanno una forzata gentilezza!!! E dopo poco il volo d'aquila diventa goffo volo di tacchino, il portafogli non c'è più e la poesia svanisce. Ti senti goffo davvero, goffo e anche un pò cretino. Rimane una notte che non è più amica, rimane un telefonare concitato per chiudere le carte di credito e una stazione di polizia difficile da trovare in un quartiere che pensa a tutt'altro. Per fortuna con noi in quella difficile ricerca c'è Andrea , chi è Andrea? Mah, non saprei che dire, era il fidanzato di Eliana, ora che mia figlia non c'è più non saprei come definirlo. Forse rimarrà per sempre il fidanzato di mia figlia, anche ora che dal suo ricordo non riesce a staccarsi e gli vive ancora accanto, ma forse lo sarà anche domani quando incontrerà chi a quel ricordo saprà affiancarsi nel modo giusto... e Dio solo lo sa quanto vorrei per lui che succeda presto. Forse oggi siamo soltanto, io Renato per lui e lui Andrea per me, due mondi lontani che nonostante tutto riescono ancora a parlarsi con molta facilità. Andrea parla bene spagnolo e riesce a far capire al poliziotto di turno che ho assolutamente bisogno di quella denuncia, perchè il giorno dopo io e Rita avremmo dovuto ripartire e senza le carte d'identità non avremmo potuto salire sull'aereo, per fortuna alle tre ormai del mattino, riusciamo ad avere quella denuncia e torniamo in albergo. Il mattino arriva in un volo, o forse era ormai già arrivato davvero, con i documenti e le carte di credito svanite... a proposito, nella concitazione Rita ha chiamato la nipote per avere un numero da chiamare per effettuare il blocco delle carte dall'estero, la nipote in un eccesso di zelo mi ha bloccato una carta che... assieme alla patente, era rimasta in albergo, pure quello accidenti!!! Ci precipitiamo all'ambasciata italiana per scrupolo e scopriamo che Ryan Air, unica compagnia aerea, non accetta solo la denuncia in caso di furto, ma vuole anche una fotocopia dei documenti!?!? Insomma, mi sembrava un pò difficile fotocopiare un documento che mi era stato rubato!!! Vabbè, vale per la prossima volta che volerò con Ryan Air, farò le fotocopie e le terrò in un posto separato dagli originali. Via da li andiamo al Palau della musica catalana, dove avevo comprato i biglietti per il concerto di Baglioni... guardate un pò il caso, Rita non vuole più venire ai concerti di Baglioni, ma il Palau gli era tanto piaciuto (avevamo fatto una visita guidata alla scoperta dei suoi segreti) che aveva accettato di venire al concerto di Claudio pur di tornarci. Niente da fare, non si può avere un duplicato, purtroppo nella concitazione della sera prima avevo dimenticato di aggiungere sulla denuncia che nel portafogli c'erano anche quei biglietti, peccato. Viene ora di partire, all'aeroporto mi confermano che con Ryan avrei avuto la quasi certezza di non poter volare e, a quel punto, con la paura di dover fare un biglietto da Granada (avrebbe dovuto essere quella la nostra destinazione) che sarebbe stato costosissimo, visto che altri voli diretti per l'Italia da Granada non ce n'erano, abbiamo deciso di interrompere la vacanza e tornare in Italia subito. Peccato che siamo partiti da Orio al Serio dove avevamo lasciato la macchina e siamo tornati ormai alle 21 alla Malpensa, cioè lontanissimi da dove siamo partiti. lasciamo i bagagli in deposito e con i mezzi pubblici a mezzanotte passata da un pezzo arriviamo a casa. iL giorno dopo giro degli aeroporti per recuperare macchina e valigie... e ora la trafila per rifare i documenti. Ma torneremo a Granada, l'Alhambra ci attende e torneremo anche a Barcellona per Claudio, abbiamo cambiato i biglietti Barcellona Granada con dei nuovi Milano Barcellona. Maledizione, sarò un pò sfortunato e un pò coglione, ma quella città mi ha davvero stregato!

lunedì 12 luglio 2010

Vacanze

Un grande Ciao a tutti, si parte per le vacanze spagnole... prima Barcellona e poi Granada, ritorno il 22.

venerdì 11 giugno 2010

Gallerie

Il giro d’Italia è ormai passato da tempo, ma un pensiero sulle sue strade mi viene anche oggi a distanza di tempo. Le strade del giro sono qualcosa di cui ti accorgi prima e dopo che siano state tali, i manifesti, le scritte per terra, le varie indicazioni dei km da percorrere e le varie pubblicità mirate che ti accompagnano durante i tragitti, e per me che amo il ciclismo senza essere un vero tifoso, il fascino che ne viene fuori è enorme. Così quasi un mese fa mi trovavo sulla gardesana, sponda di Brescia e sulla mia strada c’erano appunto tutti questi segnali ad accompagnarmi, non era una tappa difficile, una di quelle tappe di fine giro che vengono a calmare le tensioni dei corridori accumulate fra una salita e l’altra, fra una discesa mozzafiato e una pioggia a sferzare la volontà. Infilavo le prime gallerie sulla sponda… una sequela lunghissima di gallerie a proteggere la strada dai massi e da una montagna che tante volte sfoga il suo sentirsi abbandonata non trattenendo ciò che non sente più appartenergli. Procedevo con l’auto e istintivamente rallentavo l’andatura, forse per andare a quella che pensavo avrebbero avuto i corridori, ma forse loro sarebbero andati più forte di me in quel tratto, la strada sarebbe stata tutta loro, con le sue curve, i suoi anfratti e le sue gallerie. Le gallerie appunto… ci entravo con rispetto, pensando a quei ragazzi sulle loro bici inghiottiti da quei budelli che spesso erano molto bui, entravi dentro e molte volte non ne vedevi la fine, procedevi inseguendo una speranza e quel senso innato che ti fa andare, e si va avanti così, verso il buio. Qualche volta dai lati entra un po’ di luce, nella roccia l’uomo ha costruito delle feritoie laterali per aiutarci a vedere e in quei quadri un po’ estemporanei, a volte intravedi sullo sfondo del lago un campanile, altre volte un cipresso, altre ancora degli alberi di ulivo. Pensi che anche se sei nel buio la luce in realtà esiste, allora la strada sotto le tue ruote non sembra inutile e anche se accidentata ti rendi conto che vale la pena di percorrerla… per me che sono in auto accidentata non lo è poi più di tanto, ma ho saputo che per i corridori lo è stata molto di più, tante sono state lo forature dalle quali saranno seguite imprecazioni, ma non sono seguite disillusioni sulla possibilità di incontrare la luce che abbiamo intorno e quei ragazzi cambiata la ruota hanno proseguito. Magari hanno guardato la strada percorsa dietro di loro, per dirsi che se erano arrivati fino a li valeva la pena di continuare, per dirsi che se la strada che avevano fatto, in pochi o tanti momenti che siano stati, era stata bella, altre strade belle davanti ne avrebbero trovate ancora e sono ripartiti con nuova speranza e con nuova speranza di ritrovare il giusto vigore. Improvvisamente, dopo una curva della galleria, appare una luce laggiù in fondo, si esce, anche questa volta si esce davvero… la luce attira, richiama la nostra voglia di farci avvolgere da lei, ma bisogna stare attenti a non farci accecare. La luce di sempre sembra una luce nuova quando per tanto tempo sei stato al buio o in penombra, gli occhi fanno fatica ad accettarla in tutta la sua forza e si difendono guardando per terra, guardando una parete che scorre vicina o un paesaggio che quella luce assorbe per dare vigore ai propri colori, solo dopo capisci che hai imparato il modo di offrirti ancora veramente a quella luce, solo dopo capisci che quella luce era te che aspettava, perché anche tu hai dei colori che devono continuare a brillare… come quelli di un paesaggio di uliveti, di un cielo dipinto di nuvole, di un lago percorso da un vento, di un monte orgoglioso di saper contenere le proprie asprezze e le proprie dolcezze… perché sei tu che porti in te qualcosa da dare a questo tempo che può ancora brillare.

Rieccomi

Non è facile tornare a scrivere dopo tanto tempo… ci sono stati giorni bloccati dalla mia salute ballerina e non ancora risolta, ci sono stati giorni persi dietro le vicende famigliari e la salute di mio padre, ci sono stati giorni… i giorni sono sempre difficili, sempre più difficili… quando pensi di aver ritrovato uno slancio ci si mette una qualsiasi futilità a bloccarti, ad impedirti di esprimere i tuoi slanci, perché se noi siamo fatti di cuore e di cervello, che già sono due cose difficili da domare nelle loro bizze e ancora di più da far andare d’accordo, attorno abbiamo tanti mezzi “meccanici” che sembrano diventare i prolungamenti delle nostre difficoltà, delle nostre inquietudini. Così quando cercavo di concludere qualcosa, ci si metteva il pc a mettersi di traverso alle mie volontà. Ora è passato un po’ di tempo, il pc è nuovo, le storie dei giorni si susseguono e provo a tornare, non prometto niente, ne a nessuno e tanto più a me stesso, ma sono qui e provo a riprendere la strada sperando che la strada mi dia qualche parola da raccontarvi. Grazie a tutti quelli che sono passati di qui nel periodo della mia assenza.

lunedì 29 marzo 2010

Buona Pasqua

Un caro saluto a tutti, parto e fino al 12 aprile sarò lontano dal pc, vi lascio i miei auguri di Buona Pasqua e di buone vacanze per chi le farà.Vorrei essere un po più presente, ma ultimamente qualche problema di salute mi ha tolto concentrazione, ma ora credo e spero che le cose vadano meglio.

venerdì 5 marzo 2010

Hotel Supramonte

E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il cielo, tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo, e una lettera vera di notte falsa di giorno, poi scuse accuse e scuse senza ritorno, e ora viaggi vivi ridi o sei perduta, col suo ordine discreto dentro il cuore, ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore. Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile, grazie a te ho una barca da scrivere, ho un treno da perdere, e un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la neve, sul tuo corpo così dolce di fame così dolce di sete, passerà anche questa stazione senza far male, passerà questa pioggia sottile come passa il dolore, ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore. E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome, ora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dorme, ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano, cosa importa se sono caduto, se sono lontano, perché domani sarà un giorno lungo e senza parole, perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole, ma dove dov'è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore. (Fabrizio de Andrè)

domenica 21 febbraio 2010

La musica del pallone

  • dedicata a quei giovani che non smettono di pensare che si possa vivere di sè stessi, dedicata a chi non smette mai di pensare che un pò giovani lo si può essere sempre... parole nate per una festa dello sport pensando che anche lo sport fa festa quando vede che qualcuno ne scopre i valori veri, quelli della socializzazione e della scoperta del benessere fisico e morale che può dare.

Suona la sua musica il pallone quando sfiora l’erba di un campo di calcio, una musica nata in un cortile, su una piazza o semplicemente sulla terra battuta di un campetto di periferia. Suona una musica, e per il pallone i calci son carezze e l’abbraccio dei giocatori il suo premio. Oggi sono qui, in questo bar dove butto carte svogliate di un solitario su un tavolo per ingannare l’infelicità che ho accanto a me, la musica di uno stereo un po’ sgangherato e le risate inarrivabili di alcune ragazze mi fan sentir più solo…. le urla, piene di parole inutili, mi tagliano come un coltello i pensieri ed uno strano bicchiere, pieno di strana roba che a berla ti si stringe la gola, mi fa compagnia e mi sorride beffardo. Il sole illumina alcuni poster sulle pareti, invitano in paradisi di acque verdi e di cieli azzurri di palme e di serenità a buon prezzo, mentre fuori qualcuno ti regala l’inferno di un paradiso artificiale, basta una pastiglia, coraggio, una sola per volare via, per volare senza muoversi, per ridere senza essere allegri. Ed io, con i pensieri più pesanti della mia testa che cadeva su un lato, sorretta da un pollice sotto il mento, mi chiedevo se non sarei diventato anch’io come quello stereo, che suonava suonava, ma non sceglieva mai la sua canzone. Ma un piccolo campetto di poca erba, di tanti sassi e di tanta terra è il mio richiamo. I miei amici sono la, tante magliette quasi uguali per la squadra perchè uguali non si trovavano, un pallone da gonfiare e i calzettoni arrotolati, un po’ di saliva sui ginocchi a cancellare una caduta e corse sfrenate dietro la gioia. I miei amici sono là, con occhi gioiosi a seguire traiettorie ardite del pallone, con muscoli protesi ad inseguire la loro primavera, ancora uno slancio, ancora uno sforzo, e forse sarà un gol… Ed io con i pensieri più pesanti della mia testa che cadeva su un lato, sorretta da un pollice sotto il mento, mi chiedevo se non sarei diventato anch’io come quello stereo che suonava suonava, ma non sceglieva mai la sua canzone. Un brivido, il sole si è offuscato e i paradisi alle pareti non brillano più. Ho lasciato il bicchiere, ho pagato il mio conto per chiuderlo per sempre, passai fra pastiglie, rumore e risate di solitudine entrai in quel campo e qualcuno appena là mi disse: “tu tira nella porta di là” e ho tirato calci alla solitudine, ho tirato calci all’inedia ho tirato calci alle facili e alle false felicità… Ricordo il primo abbraccio dei miei compagni, non ricordo se era per un gol fatto dalla mia squadra oppure per consolarci di un gol subito, ricordo un abbraccio stretto e sudato ricordo sguardi di intesa con i miei nuovi amici, parole d’incoraggiamento o forse di incitamento o forse un semplice complimento, ricordo dopo quell’abbraccio di aver sentito dentro una musica… Suona la sua musica il pallone quando sfiora l’erba di un campo di calcio, una musica nata in un cortile, su una piazza o semplicemente sulla terra battuta di un campetto di periferia. Suona una musica, e per il pallone i calci son carezze e l’abbraccio dei giocatori il suo premio.

sabato 6 febbraio 2010

Le parole

Pensavo alle cataste di libri che riempiono il palco del Davide nei suoi ultimi concerti, canzoni e libri sono contenitori di parole che certamente vanno pensate in modo diverso, ma se vogliono essere portatrici di storie e di emozioni, hanno di certo un posto dove riposano prima di venir usate. Perché quelle parole a seconda di quando servono sono dense, pesanti, taglienti, liberatorie. Le parole… parlano, a chi le ascolta e a chi le dice. Per chi le ascolta è come aprire un libro della vita di chi hai davanti, puoi sentirle vere o false, profonde o banali ma comunque ti aiutano a capire con chi hai a che fare… per te che le dici sono riflesso della tua paura o del tuo coraggio di svelarti, di dire chi sei agli altri, ma a te stesso parli con le parole che suonano dentro di te… e senti se ciò che hai dentro è uguale a ciò che esce fuori. Io credo che è già tanto se le parole che hai dentro si avvicinano a quelle che escono fuori. E le parole disegnano scenari, costruiscono palazzi di idee e altri palazzi ne abbattono, costruiscono storie e raccontano cio che è la tua storia, quella storia che vivi tutti i giorni e che quasi mai puoi davvero scrivere tu il giorno prima di viverla, quella storia da cui le persone entrano ed escono senza capire quale capitolo stanno scrivendo e quale sarà il finale che dovrai subire, sperando che sia accettabile. Ma per fortuna qualche volta le parole inventano sogni, speranze, poesie. E quando esce poesia, sai che non stai cercando una verità, ma che ne stai creando una nuova, tutta tua. E’ quel colore, quella musica che ti nasce dentro quando avvolgi un pensiero o un ricordo nell’umido dei tuoi occhi, quando il cuore cambia il ritmo per sfuggire al ritmo assordante della vita. E ancora una volta apri la finestra e lasci che il vento ti invada il viso… e lasci che quel punto lontano, laggiù, si lasci guardare.

venerdì 29 gennaio 2010

Aggiunta Qui una pagina del mio vecchio sito, "I luoghi del Davide".

Fra l'acqua e il cielo

Giò sul fuund del laagh gh'è un pianoforte, el sona léger e continuo per ruzzà i und in söe la riva,
la prima unda la porta i sogn,
la segunda le utopie da realizzare, la terza, la voeja de turnà a cà... In del cieel gh'è la loena,
pallida sciura de la nocc, la paar nàa foolc, o un seghezz, n’a quai völta gh'è tϋca vees inscì per taya i nigul, per faas on post douve vardà giò, una fenestra per vedè… ma i nigul se fan mea mal quand che i véegnen taya, scapèen, se giustèen, rinasèen, coume le cϋe de le luserte… e lè in mèez ghe seem num che vivum sti noster vit, count i stremizzi, count la gioia e la speranza… e na quai disillusion, e tϋc el reest, l'è vita che scour
de fianch de la nòosta
...e negòot d'olter

venerdì 8 gennaio 2010

Intervista a davide Van De Sfroos

Ricominciamo da dove ci eravamo lasciati, vi avevo promesso l'intervista integrale che avevo fatto a Davide Van De Sfroos, eccola, potete leggerla Qui, Quello è stato davvero un bel periodo della mia vita, un periodo che mi ha dato la posibilità di conoscere un personaggio davvero inusuale, un uomo che porta in sè la semplicità dei grandi.